Finanziato nel 2013, secondo progetto per ammontare di budget tra i 13 progetti italiani finanziati.
info da www.tartalife.eu/it/il-progetto
Problematica
Negli ultimi anni la conservazione di Caretta caretta, specie prioritaria inserita nella Direttiva Habitat e protetta da numerose Convenzioni internazionali, ha assunto un aspetto strategico per il bacino Mediterraneo, dove la pesca professionale sembra rappresentare la principale minaccia per la sopravvivenza della specie.
Le stime fatte nel corso degli ultimi anni suggeriscono che nel Mediterraneo ogni anno oltre 130 mila le tartarughe marine della specie tartaruga Caretta caretta rimangono vittime di catture accidentali da parte dei pescatori professionisti. Circa 70.000 abboccano agli ami utilizzati per la pesca al pescespada, oltre 40.000 restano intrappolate nelle reti a strascico e circa 23.000 in quelle da posta per un totale di 133.000 catture con oltre 40.000 casi di decesso. Numeri impressionanti e peraltro decisamente sottostimati: se infatti consideriamo in questo calcolo tutti i pescherecci comunitari e le migliaia di piccole imbarcazioni da pesca che operano nei paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo, si arriva più verosimilmente a una stima di 200 mila catture e proporzionalmente a circa 70 mila decessi.
Le catture degli individui di tartaruga marina Caretta caretta realizzate nella pesca professionale avvengono accidentalmente nell’intenzione di catturare specie di interesse commerciale. La parte della cattura di un attrezzo da pesca che è composta da specie ed esemplari che non sono il diretto bersaglio dell’attività di pesca, ma che vengono accidentalmente catturate a causa della scarsa selettività degli attrezzi, sono note a livello mondiale con il nome di bycatch. Le tartarughe catturate accidentalmente rappresentano quindi una parte cosiddetto bycatch.
I dati di cattura degli ultimi anni, le testimonianze dei pescatori e l’aumento degli interventi dei Centri di Recupero lungo le coste italiane, testimoniano dunque la necessità di arginare tale fenomeno, che determina il ferimento o l’uccisione di molti individui e ostacola la conservazione della specie, in preoccupante declino nel Mediterraneo.
Un’altra minaccia che ancora incide pesantemente sulla mortalità post cattura delle tartarughe marine è la mancanza di strutture e dotazioni adeguate e personale periodicamente aggiornato all’interno dei Centri per il recupero delle tartarughe lungo le coste italiane.
Tali centri, in numero limitato rispetto ai circa 7500 Km di costa, rappresentano invece uno strumento estremamente incisivo ed efficace per la riduzione della mortalità delle tartarughe.
Dalla loro istituzione nel LIFE Tartanet, infatti, il numero di recuperi degli esemplari in difficoltà sono aumentati in numero esponenziale (cfr. più avanti), per un totale di circa 1450 recuperi dal 2009 al 2012. Parallelamente, migliaia di pescatori e cittadini sono stati sensibilizzati alla conservazione delle tartarughe e tutela della biodiversità marina.
Nonostante ciò, gli esemplari curati dai Centri sono ancora una piccola parte delle circa 200.000 tartarughe catturate accidentalmente ogni anno nel Mediterraneo.
Inoltre, alcuni tratti di costa rimangono ancora sprovvisti Centri strutturati e/o di presidi per la sosta temporanea di tartarughe.
In primo luogo, a Lampedusa è presente un centro senza le necessarie autorizzazioni amministrative e dotazioni previste dalle Linee Guida del MATTM. L’AMP Isole Pelagie, in attesa della chiusura di tale centro, intende dunque dotarsi di un Presidio allestito secondo tali Linee guida e che collabori con il Centro di Linosa e di Cattolica Eraclea (Centro provinciale di riferimento in base alle normativa regionale) In secondo luogo, lungo le coste dell’Emilia Romagna e Marche, zone ad alto tasso di spiaggiamenti e catture accidentali di tartarughe marine in Italia (l’alto Adriatico è una area di alimentazione) e con un elevato numero di marinerie, vi è bisogno di una serie di punti di raccolta con vasche per la sosta temporanea.
Considerato l’incremento progressivo dei recuperi di Caretta caretta da parte dei Centri, tale situazione ostacola dunque interventi di cura e primo soccorso tempestivi ed adeguati, che potrebbero salvare la vita di molti esemplari, e mostra la necessità di rafforzare ulteriormente ed in maniera continuativa i Centri esistenti ed instituire un nuovo Centro presso l’AMP Pelagie e una serie di punti di raccolta lungo le coste emiliane e marchigiane.
Il progetto TARTALIFE, promosso nelle 15 regioni italiane che si affacciano sul mare, si inserisce in questa complessa problematica e si prefigge di ridurre la mortalità della tartaruga marina Caretta caretta indotta dalle attività di pesca e dunque contribuire alla conservazione della specie nel Mediterraneo.
TARTALIFE intende perseguire la riduzione della mortalità di Caretta caretta determinata accidentalmente dalle attività di pesca professionali attraverso 2 obiettivi specifici:
I Centri di Recupero
In base alla definizione e alle direttive contenute nelle “Linee Guida per il recupero, soccorso, affidamento e gestione delle tartarughe marine ai fini della riabilitazione e per la manipolazione a scopi scientifici” (ISPRA, 2013) i centri di recupero sono strutture il cui scopo principale è la conservazione delle tartarughe marine. A tal fine, la loro attività non può limitarsi alla sola riabilitazione degli esemplari ritrovati vivi ed in difficoltà, ma deve inserirsi in una strategia di conservazione più ampia, sia a livello nazionale, sia a livello locale, che miri alla riduzione delle minacce che incombono su queste specie nei loro habitat naturali.
Il Workshop sulla “Rehabilitation of Injured Sea Turtles in the Mediterranean” (Atene, 19-20 novembre 2004) ha indicato per i centri di recupero i seguenti ruoli fondamentali, oltre a quello di riabilitazione, come indispensabili per un centro recupero che voglia avere un orientamento di conservazione:
a) Educazione e informazione;
b) Contatto con rete di monitoraggio spiaggiamenti e/o con pescatori;
c) Partecipazione ad un network, o reti, di centri recupero (che possa influenzare le autorità e i legislatori);
d) Indagine sulle cause di morte e diffusione dei dati.
I centri di recupero, per essere definiti tali, devono rispondere a ben precisi requisiti inseriti nelle Linee Guida riguardanti l’impiego di idonee attrezzature e di personale qualificato. A tal proposito vengono distinte due tipologie di centri di recupero per tartarughe marine: