Scheda sintetica
MORFOLOGIA: Facilmente riconoscibile dagli altri squali dalle enormi aperture branchiali che circondano quasi completamente la testa; presenza di branchiospine molto sviluppate; muso appuntito; enorme, bocca sub terminale con piccoli denti uncinati; peduncolo caudale con evidente carena laterale.
DIMENSIONI: i piccoli probabilmente nascono con una lunghezza stimata intorno 1.5-1.7 m, ma non si sa con certezza; la maggioranza di esemplari si aggira intorno ai 7-9 m; l’esemplare più grande riportato raggiunge la lunghezza di 11.5 m e il peso di 4,500 kg.
DISTRIBUZIONE: Cosmopolita. Atlantico occidentale: Terranova, dal Canada alla Florida, USA; sud Brasile all’Argentina. Atlantico orientale: Islanda, Norvegia, Mediterraneo e Senegal; sud Africa. Pacifico occidentale: dal Giappone alla Nuova Zelanda. Pacifico Orientale: Golfo dell’Alaska al Cile.
Distribuito in tutto il bacino del Mediterraneo, ma scarsamente presente nel bacino orientale. Assente nel Mar Nero.
ECOLOGIA: Lo squalo elefante è spesso associato a banchi di altri pesci come Clupea harengus e Scomber scombrus in Nord Atlantico. Per filtrare l’acqua possiede lunghe branchiospine che facilitano il trattenimento del plankton. Le branchie sono molto sviluppate e circondano quasi completamente la testa dello squalo, anche la bocca è molto sviluppata. Si alimenta interamente di plancton, soprattutto di copepodi del genere Calanus, ma anche uova di pesci, chetognati e larve di crostacei. Il cetorino si alimenta nuotando lentamente in superficie. Durante il nuoto in superficie la larga bocca è tenuta aperta per circa 30-60 secondi. Il ritrivamento di esemplari di squalo elefante mancanti di branchiospine funzionali durante i mesi autunnali e invernai ha fatto supporre, erroneamente, che in questi periodi lo squalo si trovi in uno stato di riposo, senza alimentarsi.
RIPRODUZIONE: probabilmente ovoviviparo; periodo di gestazione probabilmente superiore ad un anno; lunghezza alla nascita stimata intorno 1.5 e 2 m; il periodo dell’accoppiamento avviene durante l’inizio dell’estate.
MINACCIA: la pesca, ma anche la collisione con le barche. Le catture in Mediterraneo sono accidentali, in questa area C. maximus non è mai stato soggetto ad una pesca diretta. In Mediterraneo, il cetorino viene catturato con reti a strascico, tramagli, reti per gamberi, e reti con piccole o grandi maglie.
CONSERVAZIONE: Specie altamente migratoria ad alto rischio di estinzione a causa della sua bassa produttività. Lo squalo elefante è inserito in Appendice II (Endangered or Threatened Species) della Convenzione di Barcellona per la Protezione del Mediterraneo (1976) Protocol Concerning Specially Protected Areas and Biological Diversity in the Mediterranean, ma solo a Malta la specie è legalmente protetta. La popolazione Mediterranea è inoltre inserita nell’Appendice I della Convenzione di Berna per Conservation of European Wildlife and Habitats. Il commercio internazionale di cetorino è limitato e controllato dalla CITES (Appendix II, 28.5.2003).
Biologia
Il Cetorhinus maximus è una specie ampiamente distribuita nelle acque temperate, conosciuto con il nome comune di squalo elefante rappresenta il secondo pesce al mondo per dimensioni dopo lo squalo balena (Rhincodon typus). Il nome deriva dai termini greci kétos, letteralmente “mostro marino”, per le sue dimensioni e rhinòs, “naso”, per la conformazione del muso allungato.
Raggiunge negli individui adulti lunghezze massime di 9-11 m con una mole mediamente compresa tra i 3.500 e i 4.500 kg. I dati relativi alla presenza di questo squalo nelle acque temperate sono nella maggior parte dei casi dovuti o ad avvistamenti casuali o a catture accidentali. Si parla di catture accidentali in quanto Cetorhinus maximus non ha, almeno per quanto riguarda il Mediterraneo, un interesse commerciale, anche se, al contrario, è stato obbiettivo per la pesca nelle regioni marine più fredde e selvaggiamente sfruttato per lungo tempo. Gli avvistamenti in mare aperto sono estremamente scarsi, mentre spesso viene segnalata la sua presenza in zone costiere, probabilmente a causa di una maggiore attività di pesca in queste aree che aumenta il numero delle catture.
Lo squalo elefante è, dunque, un pesce litoraneo pelagico, avvistato tipicamente in superficie dove si muove lentamente mentre si nutre di plancton avanzando con la bocca aperta, riconoscibile per il muso, la pinna dorsale e quella caudale che affiorano in superficie.
Poco si conosce del ciclo di vita o della longevità di questo squalo che sembra essere ovoviviparo. Al momento della riproduzione, nella stagione primaverile, i maschi immettono delle spermatofore attraverso degli pterigopodi, pinne pelviche modificate, nel corpo della femmina e la fecondazione avviene quando la femmina rilascia milioni di uova. I primi embrioni che si impiantano nell’utero si nutrono delle restanti uova sia esse fecondate o meno, fenomeno noto come cannibalismo intrauterino. L’unica nascita registrata ha prodotto una figliata, un gruppo di sei giovani che misuravano in lunghezza 1.5 - 1.7 m. Le previsioni per il periodo di gestazione sono di 1 – 3 anni, con un incerto successo che potrebbe portare alla nascita di una figliata costituita da un piccolo numero di giovani.
Sono stati raccolti pochi dati sulla lunghezza a maturità, ma questi indicano che i maschi maturano a 4.5 – 6 m, a circa 12 – 16 anni di età, mentre le femmine a 8 – 10 m, a circa 20 anni.
Lo squalo elefante ha dunque due caratteristiche che lo rendono estremamente vulnerabile allo sfruttamento che sono il tasso riproduttivo relativamente basso e un lento raggiungimento della maturità sessuale. Nonostante siano note queste caratteristiche, la mancanza di conoscenza circa i movimenti ed i requisiti dell’habitat continua ad ostacolare una valutazione adeguata per la conservazione di questa specie.
Alimentazione e migrazioni
Gli squali elefante si alimentano di plancton (copepodi, uova di pesci, larve di decapodi e di balani) raccogliendolo grazie alle loro branchie modificate, dette branchiospine.
Durante i mesi primaverili ed estivi gli squali elefante si alimentano filtrando zooplancton vicino alla riva dalle acque boreali fino a quelle caldo-temperate, per il resto dell’anno la loro localizzazione rimane un mistero.
A lungo si è pensato che in inverno questi squali migrassero verso le acque profonde apparentemente perdendo il loro apparato di filtrazione, e per compensare la perdita di energia dovuta all’assenza di un’alimentazione remunerativa è stato proposto che andassero i letargo sul fondo marino fino alla primavera, periodo in cui lo zooplancton aumenta di densità. Tuttavia studi recenti hanno mostrato che gli squali elefante si alimentano proficuamente a soglie di densità di zooplancton molto più basse di quelle che precedentemente si immaginavano, suggerendo quindi che il letargo non fosse necessario. Inoltre gli studi effettuati hanno mostrato che la maggior parte degli squali elefante pescati a strascico al largo di South Island, Nuova Zelanda, sono stati catturati sopra o vicino al fondo, suggerendo che fosse improbabile che si ibernassero galleggiando in assetto neutro a mezz’acqua, dato gli enormi costi energetici implicati. Queste osservazioni hanno portato alla conclusione che questi squali svernano in acque profonde sul pendio continentale. Ipotesi avallata dalla recente osservazione di cinque squali marcati con tag satellitari in cui nessun individuo è sembrato ibernarsi durante l’inverno, al contrario hanno intrapreso vasti movimenti orizzontali (fino a 3400 km) e verticali (> di 750 m di profondità) probabilmente alla ricerca di “hot-spots” temporanei sulla scarpata continentale, mai mostrando movimenti prolungati nelle regioni dell’oceano aperto lontano dalle acque della piattaforma. Quindi gli squali sono in grado di sfruttare sia le comunità dello zooplancton collegate alla piattaforma che alla scarpata in ambienti sia mesopelagici (200 – 1000 m), sia epipelagici (0 – 200 m). Le variazioni annuali negli avvistamenti e nelle catture possono quindi essere fortemente influenzati dalla condizione dell’acqua, dalla temperatura e dalle cicliche fluttuazioni nella distribuzione e nell’abbondanza dello zooplancton.
Presenza e distribuzione nel Mediterraneo.
Nel Mediterraneo la presenza dello squalo elefante, Cetorhinus maximus, è stata studiata analizzando i dati raccolti durante il “ Mediterranean Large Elasmobranchs Monitoring (MED_LEM) Program” e da quelli provenienti dalla letteratura.
Il MED_LEM rappresenta un esame della presenza di grandi elasmobranchi iniziato nel 1985 nelle acque italiane allargatosi poi ad altri paesi del Mediterraneo che utilizzano un comune protocollo per la raccolta dei dati. Sono state raccolte informazioni con aneddoti risalenti fino al 1795, ma un importante contributo è giunto dalla collaborazione con le autorità militari, con i pescatori professionisti e ricreativi e con i diversi istituti di ricerca.
Per ottenere un’analisi biogeografia il Mediterraneo viene diviso in quattro regioni corrispondenti ai medesimi sottobacini mediterranei: Balearico (B), Tirrenico (T), Adriatico (A), e Bacino orientale (E).
Dal 1795 al 2002, sono state raccolte circa 600 segnalazioni di catture o avvistamenti di cetorino in Mediterraneo (Fig. 1). Molti di questi record sono lacunosi per quanto riguarda alcune informazioni come taglia, sesso, peso, etc. In Mediterraneo questa specie sembra essere limitata al bacino Occidentale e Centrale (circa 1,3 milioni di Km2). L’habitat preferito della specie sembra essere l’area costiera caratterizzata da una più stretta piattaforma continentale, come nell’area Liguro-Provenzale (settore più a nord del bacino occidentale del Mediterraneo). Questo fatto può essere collegato al fenomeno di upwelling noto in questa zona.
La più alta abbondanza relativa di questa specie nelle acque italiane coincide con International Cetacean Sanctuary (Legge 11/10/2001 n° 391) del Mediterraneo circa 96000 Km2.
La frequenza delle catture accidentale e di avvistamenti di questo squalo per anno è stata analizzata su 522 esemplari e mostra 3 picchi probabilmente dovuti ad un incremento dell’interesse scientifico avvenuto specialmente dal 1990. Di 446 record abbiamo informazioni circa il mese di cattura. Catture e avvistamenti di cetorino sono maggiori in primavera e inverno, con un massimo in marzo (25% del totale) in Liguria e Tirreno settentrionale, mentre nelle isole Baleari avviene durante l’inverno. Da questi dati si è ottenuta anche la distribuzione spaziale per stagione. Il picco relativo alle presenze in Adriatico si registra in primavera, questo è correlato alla maggiore abbondanza di zooplankton in questo periodo. Recenti studi supportano questa ipotesi, è stata infatti rilevata una relazione positiva tra la presenza di cetorino e l’abbondanza di zooplankton. Come nel caso dell’area meridionale dell’Inghilterra la presenza di squalo elefante nel Nord-Est Adriatico è strettamente correlata all’abbondanza di copepodi, specialmente di Calanus helgolandicus. Simile è prima la presenza di esemplari adulti fra Marzo e Maggio, e poi in seguito l’arrivo di giovani immaturi.
La LFD (Length Frequency Distribution) degli individui di cui si abbia la lunghezza totale (n=390) mostra un picco massimo per i 6 m di lunghezza totale TL. Solo per 151 esemplari è specificato il sesso, di questi, il 55% (n=83) è rappresentato da maschi e il 45% (n=68) da femmine, con una sex ratio di 0,45 (numero di femmine/totale). Fra questi, per 138 esemplari si ha l’informazione sia di sesso che di lunghezza.
Solo 386 record contengono informazioni sulla taglia e sul luogo di cattura o avvistamento. Molti record (n=155) sono stati registrati in Tirreno e sono rappresentate tutte le classi di taglia. Per le regioni A, B e T c’è una presenza predominante di esemplari subadulti e adulti (rispettivamente 67%, 80% e 51%) con una TL tra 4 e 9 metri. Nella regione E, al contrario, c’è una precentuale più alta di giovani (65%) (TL < 4 m) e il 35% è rappresentato da esemplari adulti.
Attualmente le sole informazioni possibili su C. maximus in Mediterraneo derivano da avvistamenti casuali (42%) e catture accidentali. L’attrezzo maggiormente responsabile per la catture di questa specie è il tramaglio con il 15% dei 323 record analizzati. Per la maggior parte dei casi la tecnica di pesca con cui è stato catturato lo squalo non è specificata. Di questi 323 record, solo per 122 è specificato la lunghezza totale. La LFD è stata analizzata solo per gli esemplari catturati con il tramaglio e sembra che con questo attrezzo vengono catturati principalmente esemplari con una lunghezza totale intorno ai 6 m.
La LFD analizzata per 292 record durante le 4 stagioni mostra un massimo di individui giovani (< 350 cm di TL) in autunno (50%) e un picco relativo agli adulti (about 700 m TL) in inverno. La distribuzione spaziale del cetorino in Mediterraneo è correlato con la temperatura media dell’acqua superficiale, strettamente correlato con la velocità del vento, la corrente superficiale e la concentrazione di clorofilla. Lo squalo elefante sembra essere concentrato nelle aree costali dove la temperatura dell’acqua è tra 18.2 e 19.4 °C (OCEAN Project, 2000). Nella stessa area, durante le due stagioni di massima presenza di cetorino in Mediterraneo (primavera e inverno), possiamo osservare un’alta concentrazione di clorofilla con valori di 10-1.3 mg/m3. In particolare la massima concentrazione di clorofilla (10-6 mg/m3) è localizzata in Adriatico settentrionale, lungo le coste Liguro-Provenzali e francesi (OCEAN Project, 2000), dove si registra una massima presenza di questo grande squalo. La distribuzione della clorofilla in inverno in Mediterraneo è la più alta di tutte le stagioni, con piccole e rare aree di bassa concentrazione (0.12-0.05 mg/m3) (OCEAN Project, 2000). Questa situazione fa supporre una successiva esplosione nella stessa area di zooplanktondove prima si registrava la concentrazione di clorofilla. Questo fatto può spiegare l’alta presenza di cetorino in Mediterraneo in primavera. In generale si assume che il ritorno dello squalo elefante lungo le coste durante la primavera è associato al periodo di massima produzione biologica, quando è abbondante la concentrazione delle sue prede.
La mancanza di dati sulla presenza di cetorino nel bacino orientale del Mediterraneo può dipendere dalle caratteristiche biologiche e chimico-fisiche di questa area. Le coste meridionali del Mediterraneo, infatti, mostrano un alto valore di temperatura dell’acqua (20.6-24 °C) e un valore molto basso di concentrazione di clorofilla (0.3-0.05 mg/m3) in quasi tutte le stagioni. Le poche segnalazioni di squali registrate per questa zona corrispondono a piccole aree costali dove la concentrazione di clorofilla è leggermente maggiore (Israele, Turchia, Tunisia).
Presenza e distribuzione in Sardegna
Dalle informazioni raccolte durante le interviste informali con i pescatori e dai dati presenti in letteratura risulta che la Sardegna, in particolare nella zona settentrionale, ci sono stati diversi avvistamenti di squali elefante. Sono state raccolte 43 segnalazioni, dal 1910 al 2006: 28 avvistamenti e 15 catture (lunghezza compresa tra 250 e 800 cm).
Dal 2005 e 2006 gli avvistamenti si sono intensificati, sono segnalati avvistamenti di aggregazione di diversi animali, fino a 11 assieme, ma purtroppo si è anche registrata la cattura di ben 6 animali.
Nella figura 2 sono indicati i 3 punti di massima concentrazione degli avvistamenti: Nord-Ovest (Porto Torres); Nord-Est Arcipelago della Maddalena; Orosei.
Negli anni successivi gli avvistamenti sono stati molto limitati, ma come costante c’è stato il fatto che successivamente ad una segnalazione della presenza di un animale che nuotava in prossimità della costa, uno veniva catturato accidentalmente dalle reti da posta.
Conclusioni
Lo Squalo elefante può essere considerata la specie che maggiormente richiede misure di protezione. Oltre alle poche osservazioni effettuate in mare aperto, la presenza di questo squalo, è purtroppo evidenziata dalle molte catture accidentali effettuate con le reti da posta o con altri sistemi di pesca artigianale frequentemente utilizzati nelle acque costiere di molti paesi mediterranei. Per questo motivo il Cetorino è stato inserito nell’Appendice II (Specie minacciate ed in pericolo) della Convenzione di Barcellona, nell’Appendice II (Specie strettamente protette) della Convenzione di Berna e, molto recentemente (dicembre 2002), è stato finalmente inserito anche nell’Appendice II della CITES.
Mentre nelle zone Atlantiche gli spostamenti degli squali elefante sono molto regolari, in Mediterraneo no e questo rende molto difficile intraprendere misure di conservazione efficaci che tengano in considerazione sia le esigenze della specie che quelle dei pescatori, che, senza volerlo, sono la causa principale del loro declino. Le aggregazioni stagionali riscontrate negli ultimi anni in Sardegna offrono un’ottima opportunità per raccogliere ulteriori informazioni su questi animali e, soprattutto, creano l’occasione di parlare di squali, animali tanto temuti quanto sconosciuti. I buoni rapporti che si stanno instaurando fra il personale del CRD e i pescatori, assieme alla collaborazione del personale del Parco e delle forze dell’ordine, potranno servire per aprire un canale di dialogo sull’argomento e trovare assieme le migliori soluzioni per proteggere questo innocuo gigante dei nostri mari.
fonte: CTS Centro Turistico Studentesco e Giovanile, Settore Conservazione Natura. via Albalonga n.3 - 00183 Roma . e-mail: conservazionenatura02@cts.it